La Palla Sacra sulla cupola della Basilica di San Pietro | Elle Decor

2023-01-06 14:27:21 By : Mr. Zhaozhong Guo

Una sfera in bronzo dorato, abbastanza grande da accogliere una quindicina di persone e celare diversi segreti

A Roma si allude ancora alla fabbrica di San Pietro per parlare di un cantiere eterno, durato secoli, l’espressione è entrata nel gergo popolare e promette di restarci per sempre. Parlando di San Pietro è infatti impossibile riferirsi a un solo progetto, la basilica è il frutto di un lavoro durato secoli di maestranze e architetti, oltre che di ingegneri – la stabilità di un edificio così imponente ha richiesto le migliori menti anche dal punto di vista della tenuta strutturale, e quindi ingegneristica, ma di certo uno dei segni più marcati è stato quello lasciato da Michelangelo, non solo con l’elemento simbolo – il Cupolone – ma anche con l’idea di basilica che il genio toscano aveva in mente, e che in gran parte, segnatamente nella sezione posteriore, è ancora intuibile. Si tratta di una basilica rinascimentale che guarda già al barocco, eppure l’impronta di Michelangelo è stata di fatto tradita nel momento in cui, dopo di lui, si è deciso di passare da un’impostazione a croce greca, quindi da quella di una basilica per quanto imponente raccolta, a quella più classica a croce latina – a segnare questo passaggio è stato il lavoro di Maderno, autore anche della discussa facciata della chiesa. Nel progetto di Michelangelo lo spazio dell’edificio sarebbe stato in sostanza quello della cupola, allungando le navate quest’idea è andata perduta, e anche oggi ci rendiamo conto che guardando la chiesa dalla piazza la cupola, malgrado la dimensione colossale, tende un po’ ad affogare. Osservando il complesso, così lo descriveva Le Corbusier: “La facciata in sé è bella, ma non ha alcun rapporto con la cupola. Lo scopo reale dell’edificio era la cupola: essa è stata celata! La cupola aveva un rapporto coerente con le absidi: sono state celate”.

Qui tuttavia voglio parlare proprio della cupola, anzi soprattutto di un dettaglio che visto da lontano pare piccolo ma che piccolo a ben vedere non è: la “Palla sacra” o “Palla più alta di Roma” – ovvero la sfera in bronzo laminato d’oro che sovrasta la struttura. Nasconde più segreti di quanti non si pensi. Prima di arrivarci però diamo un’occhiata a ciò che la sostiene. Il Cupolone è una delle più grandi coperture in muratura mai realizzate: ha un diametro interno di 42 metri e con la sua mole porta l’altezza della basilica oltre i 130. Ancor oggi il suo aspetto rispecchia in buona sostanza il disegno di Michelangelo, che pur lavorandoci fino al giorno della sua morte, nel 1564, non la vide mai completa. Di fatto la sua erezione sarebbe terminata quasi trent’anni più tardi, nel 1590, mentre nel 1593, al tempo di Papa Clemente VIII, fu completata la copertura della calotta esterna in lastre di piombo. Sempre durante lo stesso pontificato venne sistemata in cima alla cuspide della lanterna la sfera in bronzo dorato oggetto della nostra curiosità, sormontata da una croce opera di Sebastiano Torrigiani. Come nelle antiche mitologie la struttura della cupola poggia su quattro pilastri colossali – un po’ come fosse un piccolo mondo – così grandi che all’interno di ciascuno di questi potrebbe trovar posto una chiesa della dimensione di San Carlo alle Quattro Fontane.

Data un’occhiata a ciò che la sostiene, possiamo passare occuparci della Palla sacra. Si tratta di una sfera di bronzo vuota all’interno e, come detto, rivestita in oro. Da lontano sembra piccola ma in realtà è così grande da poter ospitare fino a una ventina di persone – certo molto strette... ma una dozzina riuscirebbero a entrarci comodamente. Fino alla metà del XX secolo era effettivamente accessibile ai visitatori, oggi non lo è più per questioni di stabilità. Ci si arriva per mezzo di una stretta scala a pioli alta sei metri, che partendo dalla loggia del lanternino e svolgendosi a perpendicolo all’interno dello stelo cavo che sostiene la sfera, conduce a uno stretto pertugio, della larghezza di un’ottantina di centimetri, per mezzo del quale si accede all’interno della sfera (in questi giorni sono venuto a conoscenza di alcuni di questi dettagli grazie a un thread di Filippo Thiery).

Per farsi un’idea di come doveva essere entrare lì dentro possiamo dare una letta al resoconto del viaggiatore statunitense William M. Gillespie, in visita nella Città Eterna nel 1844:

“Dovemmo salire ancora un’altra rampa che si svolge attorno alla lanterna e infine arrivammo sulla cima, ai piedi dello stelo che sostiene la sfera e la croce. Questo stelo è cavo e contiene una scala a pioli, perpendicolare, su cui ci arrampicammo e, attraverso una stretta apertura, entrammo a fatica nella sfera. Questa ha un diametro di otto piedi e la guida dice che può contenere sedici persone. Una persona prudente non vorrebbe proprio far parte dei sedici, visto che, con solo due amici oltre a me, la sfera sembrava oscillare avanti e indietro e cedere ad ogni colpo di vento. Istintivamente tememmo che la sottile lastra di rame di cui è fatta potesse rompersi o che il nostro peso potesse farla vacillare e cadere dalla superba altezza, per poi rimbalzare dalla lanterna sulla cupola del tetto, fino a schiantarsi al suolo col suo prezioso contenuto, a quattrocentotrenta piedi dal punto di distacco. Non rimanemmo lì a lungo”.

Vedendola dal basso non lo direste mai ma dall’interno della Palla sacra è possibile sbirciare il panorama di Roma dal suo punto più alto, dato che tra le 50 lamine in bronzo che la costituiscono si aprono quattro fessure, in esatta corrispondenza dei punti cardinali. Nel 1845, Papa Gregorio XVI utilizzò quel luogo unico per tenere un rinfresco: l’ospite d’onore era lo zar di Russia Nicola I. L’ultimo pontefice ad avventurarsi fin lassù fu invece Pio IX, la sera del 28 giugno 1847, alla vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo.

La grande Croce eretta alla sommità della sfera costituisce il punto più alto di Roma: per la precisione la quota massima è segnata dalla punta del parafulmine che, a partire dal 1809, è stato installato in cima alla struttura. Ricordate la foto dal potente impatto simbolico del fulmine che colpì la cupola di San Pietro il giorno in cui Benedetto XVI abdicò dalla sua funzione di Pontefice? È in realtà uno spettacolo meno raro di quanto sembrò quella sera, lì sopra c’è come detto un parafulmine, ed è normale che in presenza di temporali venga centrato da scariche elettriche.

Se aguzzate la vista nella foto che vedete qui sopra, scattata dalla loggia alla base della lanterna – ovvero dal punto più alto oggi raggiungibile – si vedono due delle quattro fessure incise nella calotta della Palla sacra, sono a 90 gradi una dall’altra... chissà come appare Roma da lì.